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PERSONALE E ORGANIZZAZIONE
15/05/2008

Il Diritto di Accesso (di Arturo Bianco)

Fonte: www.comune.roma.it

Le Pubbliche Amministrazioni devono garantire in modo ampio l'esercizio del diritto di accesso ai soggetti che sono portatori di interessi specifici. Il mancato accoglimento di tali istanze è oggetto, sulla base di uno specifico ricorso, di censura da parte del giudice amministrativo. In particolare, i soggetti pubblici non possono subordinarne l'esercizio al solo caso della impugnazione del provvedimento da parte del privato. Solo la esistenza di esigenze di riservatezza di altri soggetti può giustificare il diniego. Sono queste le indicazioni di maggiore rilievo contenute nella sentenza n. 3528 del 16 aprile 2008 con cui la sezione II bis del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha condannato una PA ad accogliere la richiesta di accesso presentata da un privato ed ha nel contempo condannato l'ente al pagamento delle spese legali.

IL CASO CONCRETO

Il contenzioso è nato perché un comune ha negato il diritto di accesso ai documenti relativi alla ammissione ad un programma di recupero urbano tramite una procedura selettiva. La istanza era stata presentata da associazione ed è stata motivata dalla presenza di un interesse specifico, data dalla partecipazione della stessa alla procedure concorsuale. L'ente pubblico aveva invece rigettato tale istanza ritenendo che, in termini generali, non sussisteva un interesse meritevole di tutela da parte dell'ordinamento, nonché dal suo carattere non concreto, attuale ed immediato.

LA NOZIONE

Il diritto di accesso agli atti amministrativi è disciplinato dalla legge n. 241/1990, in particolare dagli articoli 22 e seguenti, articoli che sono stati riformati e resi ancora più incisivi dalla legge n. 15 del 2005.

In termini generali la norma stabilisce che: "l'accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale". Siamo cioè dinanzi ad un principio chiaramente fissato dall'ordinamento che attribuisce il massimo di rilevanza a questo istituto. Al punto che si stabilisce che esso attiene ai diritti civili e sociali e, quindi, che le sue disposizioni siano applicabili su tutto il territorio nazionale e da parte di tutte le Pubbliche Amministrazioni, quindi anche dalle regioni e dagli enti locali. Questi livelli istituzionali possono, nella loro autonomia, unicamente ampliare le forme di tutela riconosciute ai privati.

Come ci ricorda la sentenza, il diritto di accesso si esercita attraverso l'esame e l'estrazione di copia dei documenti amministrativi connessi. La nozione di documenti amministrativi data dal legislatore è quanto mai ampia, visto che si estende a tutti gli atti, qualunque ne sia la natura e provenienza e qualunque sia la loro veste concreta.

I SOGGETTI INTERESSATI

Lo stesso articolo 22 della legge n. 241/1990 fissa in modo preciso l'ambito di applicazione delle norme sul diritto di accesso, stabilendo che esso spetta unicamente ai soggetti interessati. Essi sono così definiti: "tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso". Sulla base di questa disposizione si possono fissare i seguenti principi per la individuazione dei soggetti che sono legittimati a richiedere l'accesso: presenza di un interesse, concretezza ed attualità di tale interesse, tutela da parte dell'ordinamento di tale interesse, collegamento diretto tra la tutela dell'interesse ed il documento al quale si chiede l'accesso. Tutti questi elementi devono essere evidenti nella richiesta, che deve quindi essere adeguatamente motivata.

Occorre anche ricordare che il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali offre addirittura una nozione più ampia dei soggetti interessati che hanno diritto all'accesso agli atti amministrativi, con riferimento agli enti locali. L'articolo 10, comma 2, del DLgs n. 267/2000 infatti stabilisce testualmente che " il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di atti previo pagamento dei soli costi". La sentenza non prende in esame questa disposizione che offre una lettura più ampia della platea dei soggetti interessati ed il cui coordinamento con le norme di carattere generale risulta essere controverso, ma unicamente il dettato della legge n. 241/1990.

Essa così definisce la platea dei soggetti interessati: "chiunque possa dimostrare che il provvedimento o gli atti endoprocedimentali abbiano dispiegato o siano idonei a dispiegare effetti diretti o indiretti anche nei suoi confronti". Come si vede l'esistenza dell'interesse sta nella presenza di un collegamento tra il documento e l'interesse, ovvero nella idoneità dello stesso a produrre i propri effetti.

L'AMPIEZZA

Si deve evidenziare che la idoneità del documento a produrre effetti prescinde dalla esistenza di una specifica lesione: è da considerare infatti, ci dice il TAR del Lazio, "sufficiente un interesse personale e concreto, serio e non emulativo, a conoscere gli atti già posti in essere e a partecipare alla formazione di quelli successivi". Ed ancora, principio che la giurisprudenza amministrativa ha più volte posto, che il "diritto di accesso spetta .. nell'ipotesi in cui la conoscenza di tali documenti sia necessaria al singolo per curare o difendere i suoi interessi e senza che tale interesse possa, restrittivamente, farsi coincidere con quello all'impugnazione".

Le Pubbliche Amministrazioni possono negare il diritto all'accesso solo in presenza di ragioni connesse alla tutela della riservatezza di altri soggetti. In questo senso vanno le modifiche introdotte alla legge n. 241/1990 dalla legge n. 15/2005, che ha qualificato i soggetti a cui si riferiscono dati personali e/o sensibili contenuti nel documento come controinteressati, rendendo quindi possibile il loro inserimento nel provvedimento.

Le amministrazioni possono inoltre differire l'esercizio dell'accesso, ma anche in questo caso devono dimostrare la presenza di una specifica motivazione di ordine generale.

Viene infine ricordato che il diritto di accesso si manifesta non solo nei confronti "degli atti del procedimento principale, ma anche di quelli da questo ultimo richiamati". Alla base di tale indicazione, che si deve considerare come consolidata nella giurisprudenza amministrativa, vi è la considerazione per cui il soggetto deve potere verificare la "veridicità e completezza di tutta la documentazione utilizzata per l'adozione dell'atto finale del procedimento".

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