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CONTROLLO DI GESTIONE
08/04/2008

Le Società in house e miste (di Arturo Bianco)

Fonte: www.comune.roma.it

La definizione della nozione delle società in house e la fissazione degli ambiti entro i quali si può procedere all'affidamento diretto della gestione di un servizio ad una società mista in cui il partner privato è stato scelto con procedura concorsuale sono stati definiti in modo preciso dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 1/2008. Essa permette di avere un orientamento chiaro che costituisce la base per tutte le decisioni dei Tar e delle stesse sezioni del Consiglio di Stato. La sentenza sottolinea che i principi in essa affermati possono mutare in conseguenza delle interpretazioni differenti che potrà fornire la giurisprudenza comunitaria e ciò in considerazione del fatto che la normativa in questa materia è di origine europea.

IL CASO SPECIFICO

La attribuzione alla Adunanza Plenaria è stata decisa dalla quinta sezione dello stesso Consiglio in considerazione della necessità di fissare in modo certo le linee guida per tutta la giustizia amministrativa in tema di affidamento in house e di gare per la gestione dei servizi, in particolare per quelle miste, rilevando che soprattutto su questo punto la giurisprudenza amministrativa non è costante. Il caso concreto è nato a seguito del ricorso presentato dalla società che gestiva il servizio di assistenza alla persona contro i provvedimenti con cui una Azienda Sanitaria ha affidato la gestione dell'insieme dei servizi "territoriali" ad una società dalla stessa partecipata e nella quale la maggioranza del capitale sociale appartiene a soggetti pubblici ed il socio privato è stato scelto con procedure concorsuali. Alla base del ricorso la violazione delle norme dettate in materia di tutela della concorrenza e, quindi, dell'obbligo di svolgere gare per la scelta del soggetto a cui affidare la gestione del servizio. In primo grado il ricorso è stato accolto perché la società ha un oggetto sociale molto ampio e la scelta con procedura concorsuale del socio privato non garantisce il rispetto delle regole che sono utilizzate in caso di procedura concorsuale per la scelta del gestore del servizio. Ed ancora, perché non vi è nello statuto della società la clausola che ne limita l'attività al bacino territoriale costituito dai soggetti pubblici che ne detengono la maggioranza del capitale sociale. Ed infine perché non vi sono limitazioni alla possibilità di accesso nella compagine societaria da parte di altri soggetti privati. In altri termini, mancano molti dei requisiti che devono essere considerati necessari per la qualificazione di tale società come in house, che ricordiamo essere la sola circostanza che legittima l'affidamento diretto. La definizione è stata rimessa alla adunanza plenaria in considerazione della necessità di definire con precisione gli ambiti entro cui si può parlare di società in house, ai fini dell'affidamento diretto, nonché quelli entro cui si può procedere all'affidamento diretto nei confronti una società mista, nella quale il partner privato è stato scelto tramite procedura concorsuali, in particolare per capire se occorre procedere necessariamente ad una nuova gara.

I PRINCIPI

La qualificazione di una società come in house deve avvenire sulla base di criteri assai rigorosi; non si deve infatti dimenticare che attraverso questo istituto si sfugge ai vincoli posti dalla normativa in materia di tutela della concorrenza ed all'obbligo della aggiudicazione nel rispetto di procedure concorsuali. La presenza di soci privati esclude radicalmente ab origine la possibilità di considerare una società come in house, anche dopo le prescrizioni dettate per queste dal DL cd Bersani Visco. Per l'affidamento diretto della gestione di un servizio ad una società mista non è sufficiente che il socio privato sia stato scelto con procedura concorsuale, occorre che esso possa essere qualificato come socio industriale operativo e che sia contestualmente affidata anche la gestione del servizio. Ed ancora è stato statuito in questa importante pronuncia che prima di procedere alla aggiudicazione diretta occorre verificare se la società ha i requisiti per potere essere definita come in house, cioè se su di essa l'ente proprietario esercita un controllo analogo a quello svolto nei confronti delle proprie articolazioni organizzative. L'esperienza delle società miste è ammessa dalla normativa comunitaria, ma a condizione che essa non sia lo strumento per aggirare i vincoli posti a tutela della concorrenza. Il parere ricorda infine che i principi comunitari in materia di appalti devono essere giudicati come immediatamente operativi e che essi prevalgono e modificano la normativa nazionale nei casi in cui essa detti regole configgenti. In particolare si richiama il principio della tutela della concorrenza e si evidenzia come la Corte Costituzionale con la sentenza 22 novembre 2007 n. 401 abbia confermato questa impostazione, chiarendone la stretta connessione con il principio costituzionale del buon andamento.

LE SOCIETA' MISTE

La possibilità di dare vita a società miste è ammessa da sempre dalla normativa comunitaria e questa non deve essere considerata come una eccezione, in quanto attraverso il partenariato pubblico privato si possono sviluppare importanti sinergie e mettere in moto processi positivi. Siamo dunque dinanzi ad una modalità organizzativa e gestionale che non ha una natura eccezionale. Di esso possono essere indicate due forme specifiche: quello puramente contrattuale, che si realizza essenzialmente attraverso l'appalto e la concessione, e quello istituzionalizzato. Esso si realizza attraverso la cooperazione in seno ad una entità distinta, implicano perciò la creazione di una entità autonoma gestita congiuntamente dal soggetto pubblico e da quello privato, la quale ha la mission di assicurare la fornitura di un'opera o di un servizio a favore del pubblico. Il suo modello più conosciuto è quello della società mista. La Commissione Europea assimila i due tipi di partenariato. Conseguenza di tale indicazione è che nella scelta del partner privato si devono utilizzare pienamente i criteri dettati dalla normativa comunitaria in materia di tutela della concorrenza e di trasparenza.

I PRECEDENTI

La sentenza si rifà ampiamente al parere n. 456/2007 reso dallo stesso Consiglio di Stato, nel quale è stato evidenziato che la scelta del socio privato con procedure concorsuali non legittima di per sè l'affidamento in via diretta della gestione di un servizio alla società mista. In particolare ciò non deve essere considerato legittimo nel caso di società miste cd "aperte", cioè con compiti tendenzialmente di tipo generalista. Per potere essere legittimo l'affidamento diretto deve costituire una "modalità organizzativa con la quale l'amministrazione controlla l'affidamento disposto con gara al socio operativo della società". Ed inoltre con la gara si deve scegliere sia il socio industriale operativo che il servizio operativo ed ancora che vi sia il rinnovo della procedura concorsuale al momento della scadenza, così da evitare che il socio diventi stabile.

E' stato infine chiarito che norme del DL n. 223/2006 che impongono alle società miste nuovi vincoli, in particolare in termini di limitazione delle attività, non sono comunque sufficienti a considerarle equiparate a quelle in house, soprattutto per l'assenza di forme di controllo stringenti come quelle che la normativa comunitaria stabilisce per queste ultime.

LE SOCIETA' IN HOUSE

Una società non ha i requisiti per potere essere considerata in house se in essa vi è un partner privato, il che costituisce una limitazione sostanziale e non rimediabile, stante la possibilità del soggetto privato di intervenire e condizionare la volontà della società stessa. La esclusive partecipazione pubblica costituisce un requisito necessario, ma non sufficiente per potere definire in house una società. Gli altri requisiti richiesti per questa qualificazione sono così riassumibili: controllo del bilancio da parte del soggetto proprietario, lo svolgimento della gran parte delle attività con l'ente proprietario, il controllo, sempre da parte di questo soggetto, della qualità della amministrazione, i poteri ispettivi e di controllo e la totale dipendenza in termini di strategie e politiche aziendali. La sentenza evidenzia che si deve parlare in questo caso di una sorta di delegazione interorganica, cioè siamo sempre nell'ambito di scelte di organizzazione interna

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